Due parole, nessuna immagine. Tempo.

La mia creativita’ ha bisogno di tempo. Devo lasciare sedimentare ogni piccola cosa, fino a quando quel tutto non sta piu’ dentro di me, e allora creo, un’esplosione di sentire. Negli anni ho imparato che e’ il mio unico modo per trasformare il male, il brutto, il triste in qualcosa di migliore. Una metamorfosi positiva della merda che capita a tutti. Allora faccio una foto, un video, appunto l’idea per un testo che forse non scrivero’ mai. Ma quell’idea, e’ gia’ la trasformazione. Come la pentola a pressione sibila, io creo. Ci vuole tempo. A volte bisogna perdere parte delle cose piu’ preziose che abbiamo per apprezzarle di piu’. Per dirci “che stupida” e saperci ridere sopra. E poi scopri che non hai perso niente, ne hai solo capito un po’ di piu’ il valore, perche’ non lo puoi recuperare, il tempo, ma puoi sfruttare meglio quello che ti resta. La cosa piĆ¹ brutta che mi sia capitata di recente non mi era mai accaduta, realmente, prima. Non sono riuscita ad essere me stessa, una mente estraniata da un corpo che ho gia’ da sempre faticato a riconoscere come mio.
Chi era quella persona?
Assistevo impotente incastrata in un corpo e in un’ anima che per motivi diversi non erano i miei. Parole che la bocca non pronunciava in favore di altre che non mi appartenevano pur provenendo dalle membra che circondavano il mio spirito. Estraneo. Un giorno un’ amica mi ha chiesto perche’ non tenessi come regola di vita, nella memoria, il significato dei miei tatuaggi, invece che rovinarmi la pelle. Le ho risposto che e’ proprio per quando, quel senso, me lo dimentico. In quei momenti di non-io, i miei tatuaggi sono stati gli unici a dire la verita’ su chi fossi, roba da non credere… Si torna alle origini in ogni pesante contraccolpo che si accusa. Si torna semplici. Come un uomo delle caverne disegnava scene di vita sulle pareti rocciose. Quegli uomini che sono stati, in qualche modo sono giunti fino a noi. I segni che ho sulla pelle hanno saputo superare quel non-io e ricordarmi chi fossi. E ancora una volta torno indietro, prendo la rincorsa, “perdo” un po’ di tempo, ma vado avanti.

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